Francesca
d'Italia

Francesca da Rimini dalla rivoluzione giacobina a Trieste liberata

Centocinquanta cimeli in mostra per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia

15 marzo – 25 aprile 2011
Rimini, Museo della Città, Via L. Tonini 1

Orari
Martedì > Sabato 9 – 13 / 17 – 19
Domenica e festivi 10 – 12,30 / 15 – 19
Ingresso libero

Progetto e cura: Ferruccio Farina
Architettura del percorso: Fabio Tomasetti
Grafica: Colpo d’Occhio, Rimini
Allestimento: Musei Comunali Rimini, Squadra tecnica
Assistenza: Patrizia Alunni
Prestatori: Paolo Conti (Rimini), Ferruccio Farina (Rimini), Emilio Nicolini (Rimini), Michele Ottaviani (Saludecio), Loris Rabiti (Bologna)


È un appunto documentario alla V edizione delle GIORNATE INTERNAZIONALI FRANCESCA DA RIMINI realizzato a scopo divulgativo per contribuire alle celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia.
Propone centocinquanta cimeli originali, tra libri, incisioni, monete, medaglie, bandi, editti, divise e armi d’epoca, in un percorso volto a dimostrare il legame, diretto o indiretto, dell’eroina riminese nata dalle ceneri dell’antico regime, con gli avvenimenti storici del Risorgimento e con gli ideali che hanno costruito l’Italia.
Vuol testimoniare la presenza di questa creatura letteraria nel sentire quotidiano dove la sua icona, tradotta anche negli oggetti d’arredo e d’uso più poveri e comuni, è una presenza signifi cativa, costante e “unificante” nella cultura popolare italiana dell’Ottocento.
È, insieme alle raffigurazioni delle gesta dei Grandi d’Italia come Garibaldi, Mazzini e il Re galantuomo, una presenza famigliare, forte e dolce allo stesso tempo, immancabile nelle case dei nuovi italiani figli dell’Unità.

PRESENTAZIONE

Polve d’eroi non è la polve tua?

Uniti
Sempre saremo d’or innanzi.

Per chi di stragi si macchiò il mio brando?
Per lo straniero. E non ho patria forse
Cui sacro sia de’ cittadini il sangue?
Per te, per te che cittadini hai prodi,
Italia mia, combatterò se oltraggio
Ti moverà la invidia. E il più gentile
Terren non sei di quanti scalda il sole?
D’ogni bell’arte non sei madre, o Italia?
Polve d’eroi non è la polve tua?

Silvio Pellico, Francesca da Rimini, Milano 1818, Atto I, scena V.

Ancor prima che l’icona di Marianna, la bella e agguerrita francese nata sugli spalti della Bastiglia, iniziasse a trionfare con il berretto frigio nelle piazze del Bel Paese grazie a Napoleone, il cuore degli italiani aveva già cominciato a palpitare per una eroina della Libertà tutta nostrana: Francesca da Rimini. Certo, la creatura dei versi sublimi di Dante, la figlia di Guido da Polenta, sposa per procura a Gianciotto Malatesti come vuole la “tradizione” letteraria, per cinque secoli era stata relegata dalla cultura dell’ancien regime al ruolo di lussuriosa tra le fiamme dell’inferno, conosciuta e amata da pochi, indicata come emblema di un peccato da aborrire da molti.

Ma nel 1795, un anno prima dell’arrivo in Italia di alberi della libertà al suono della Marsigliese, ecco un poemetto a lei dedicato da un giacobino in fuga, il romano Francesco Gianni, trasformarla in vittima innocente ed eroica di leggi crudeli e di un inganno matrimoniale voluto dal bieco potere di un mondo spietato.

Ed ecco nascere ed esplodere l’eroina della dignità e del riscatto da oppressioni, dell’amore eterno, della fedeltà, della passione che tutto vince, anche la morte. Che ben presto diventa un mito romantico per eccellenza grazie a centinaia e centinaia di artisti che, a partire da Gianni, la celebrano in ogni forma espressiva: dalla poesia il teatro, dalla musica alla pittura. Un’eroina portatrice di valori positivi: amore, forza, passione e coraggio, tutti italiani.

Creatura ideale per infuocare i cuori dei combattenti per la rinascita della Nazione che si stava attrezzando per liberarsi dai domini stranieri e conquistare la sua unità e la sua indipendenza.

Così, dagli inizi dell’Ottocento fino a quando anche Trieste viene liberata nel 1918, non c’è barricata e battaglia sul suolo italiano che non vede in prima fila qualche patriota, artista o no, inneggiare alla “Bella di Arimino”, al suo coraggio, alla sua bellezza e alla sua italianità. E al suo mitico bacio.

Bacio che con il celebre dipinto di Ingres è in bella mostra nella quadreria di Gioachino Murat,nel cui proclama del 1815 da Rimini compare per la prima volta il richiamo all’Indipendenza italiana.

È nella quadreria della Malmaison con una tela di Coupin de La Couperie ammirata da Giuseppina di Beauharnais.

È negli appartamenti reali parigini dove Francesco Gianni declama le sue lodi per la famiglia Bonaparte.

È nelle corde di Byron carbonaro a Ravenna che dedica la traduzione in inglese dei versi del V canto all’amata Teresa prima di andare a morir combattendo per la libertà della Grecia.

È nel cuore di Silvio Pellico che scrive titolando a Francesca la più celebre tragedia dell’Ottocento tradotta in tutte le lingue e rappresentata in tutti i teatri del mondo.

E non c’è padre della Patria, poi, che non ha avuto a che fare in una qualche maniera con l’affascinante Francesca nata giacobina ma convertitasi alla bellezza e all’amore, anche di patria. Mazzini, nell’incipit del suo primo scritto politico Una notte a Rimini nel 1831, la evoca insieme ai valori irrinunciabili della nuova Italia, il Dante, il genio, l’amore, Dio e la libertà…

Garibaldi la incontra nelle vesti dell’eroina di Pellico al Teatro di Montevideo quando, nel 1842, ancora colonnello, combatte per la libertà dell’Uruguay con la sua Legione Italiana. Cavour intrattiene con Francesca continui affari “diplomatici” affidando alla celebre attrice Adelaide Ristori la missione di ingraziarsi le simpatie per la causa italiana presso le corti russe e tedesche approfittando della sue tournéé teatrali con le quali affascinava principi e generali nelle vesti della Francesca di Silvio Pellico. Attrice, la Ristori, che il Conte Camillo definisce l’“Apostolo del regno d’Italia” per i suoi impareggiabili servigi patriottici di ambasciatrice di italianità nei salotti culturali di mezzo mondo, oltre che per l’impegno sulle barricate della Repubblica romana del 1849.

Diversi e non proprio culturali, invece, i rapporti del “Re galantuomo” con le Francesche del tempo.

L’ancora giovane duca di Savoia, assiduo frequentatore di camerini di teatro e delle attrici che ospitavano, si ritrovò con una paternità, mai riconosciuta, di una piccola Emanuela figlia dell’attrice Laura Bon, reginetta dei teatri piemontesi anche nei panni di Francesca. Vittorio Emanuele II a parte, Francesca che accompagna le pulsioni dell’Ottocento italiano ed europeo volte a recuperare identità, valori, culture e nazioni, non è una bellezza da alcova ma una donna forte e decisa che lotta per il trionfo dell’amore e della passione, con amore e con passione, paladina ideale di chi combatte, anche a costo della vita, per la causa italiana, repubblicano o savoiardo che sia.

Lo testimoniano le schiere di artisti, celebri o sconosciuti, che, incantati dal suo fascino, le hanno dedicato più di settecento opere tra il 1795 e il 1900.

Opere entrate nel cuore e nelle case degli italiani che hanno contribuito a mantener vivo ancor oggi, dopo due secoli dalla sua nascita, il bisogno di lottare per la dignità, la libertà e il rispetto delle persone, uomini o donne che siano. Valori irrinunciabili in una civiltà degna di tal nome.

Ferruccio Farina

SEZIONI DELLA MOSTRA

  1. Il declino dei secoli bui: 1790, l’ultima invettiva
  2. Francesca giacobina: Francesco Gianni e l‘eroina della libertà
  3. Rimini, Francesca, Murat: il proclama del 1815 e il dipinto di Ingres
  4. Francesca clandestina: Pellico e l’Italia dei prodi
  5. La Giovine musa: Mazzini e quella notte a Rimini del 1831
  6. Bellezza carbonara: dal salotto Malvezzi alle barricate d’Italia
  7. Eroina dei due mondi: Leight Hunt, Byron e Boker
  8. Il triangolo della rivoluzione: Francesca barricadiera tra Roma, Milano e Venezia nel 1848
  9. Italia unita e Francesca savoiarda: il romanzo della realtà
  10. Italia liberata, Italia mutilata: Dante, D’Annunzio, Francesca e Trieste.

MATERIALI ESPOSTI
Passion d’Italia e baci tricolori

I materiali esposti appartengono a raccolte private al di fuori del dipinto di proprietà del Museo della città, Francesca da Rimini di Clemente Alberi, pittore riminese nipote del celebre Eugenio, come questi cresciuto in un ambiente famigliare impegnato nella causa italiana.

Il percorso si svolge tra centocinquanta libri, opuscoli, bandi a stampa, disegni, incisioni, dipinti, cromolitografi e, monete, medaglie, armi, suppellettili e oggetti d’uso quotidiano collegabili alla mitica figura dell’eroina riminese e al Risorgimento.
Non manca la rarissima Francesca da Rimini di Francesco Gianni del 1795, prima opera a stampa della serie infinita dedicata alla nostra eroina.
La precede l’ultima feroce invettiva contro i due amanti riminesi composta in clima papalino nel 1793 dall’erudito marchigiano Cosmo Betti.
Numerose sono le rarità bibliografi che esposte tra le quali compaiono l’edizione clandestina della Francesca da Rimini di Pellico che porta un falso luogo di stampa “Londra 1818” per poter circolare nei territori austroungarici e pontifici; Una notte a Rimini nel 1831, primo scritto politico di Mazzini, in una rara edizione del 1849; l’editio princeps della Francesca da Rimini di D’Annunzio ornata dalle incisioni di Adolfo De Carolis e legata in pergamena; il primo libro stampato a Trieste appena liberata dal dominio austriaco, Francesca da Rimini di Morello Torrespini con le splendide incisioni di Alberto Zanverdiani.
Accanto a divise garibaldine, ad editti storici come il Proclama di Rimini di Murat e il decreto fondamentale della Repubblica Romana del 1849, compaiono testimonianze rare e curiose come la “micrografia” La Francesca da Rimini dedicata alla principessa Maria Laura Malvezzi Ercolani, dama bolognese che ebbe Rossini come ospite fisso e diede rifugio e sovvenzione ai patrioti negli anni dell’Unità d’Italia. Opera del virtuoso Luigi Zanetti che disegna la scena dell’uccisione di Francesca con la scrittura miniaturizzata di tutta la tragedia di Pellico e dei canti quinto e trentatreesimo dell’Inferno dantesco, testimonia di un’antichissima tradizione di virtuosismo manuale oggi scomparsa.
Tra le numerose incisioni esposte, compare la celebre Francesca da Rimini di Ary Scheffer tradotta in acquaforte da Luigi Calamatta, principe degli incisori dell’Ottocento, che combattè sulle barricate della Repubblica romana del 1849. All’incisione di Calamatta si affiancano rari e curiosi documenti storici che si collegano ai tanti patrioti con lui sulle barricate romane come: Adelaide Ristori l’attrice drammatica più celebre dell’Ottocento; il romanziere francese Alessandro Dumas padre, con Garibaldi all’ingresso in Napoli nel 1861, che introdusse la tragedia di Pellico nella Parigi degli Orleans; Tommaso Salvini, il Paolo più bello e più celebre dei teatri dell’Ottocento; Bartolomeo Galletti, l’eroico generale che organizzò la tournéé della Ristori intorno al mondo.
Una selezione di opere a stampa italiane e straniere dedicate a Francesca testimonia la coralità degli autori che inneggiarono all’eroina riminese. Compaiono opere di protagonisti della lotta per la libertà e l’indipendenza nelle Repubbliche napoleoniche, come Edoardo Fabbri e Vincenzo Pieracci; nei moti in Emilia e nelle Romagne del 1831 e del 1845, come i carbonari Achille Castagnoli e Filippo Mordani; nelle cinque giornate di Milano, come Paolo Felice Venosta, nelle campagne d’Italia con Garibaldi o con l’esercito piemontese come Dumas padre o Filippo Meucci.
Non mancano opere di autori stranieri che hanno combattuto per la libertà, come i romantici inglesi Byron o Leight Hunt, incarcerato nella torre di Londra per i suoi scritti contro Giorgio principe reggente, o George Henry Boker, “poeta patriota” con i federali nella guerra civile americana.

 

Iniziativa realizzata nell’ambito di
Legger d’Amore
GIORNATE INTERNAZIONALI FRANCESCA DA RIMINI
V edizione 2011
RIMINI • 18-20 MARZO 2011

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